19/02/2011 - 

IL FATTO QUOTIDIANO
Sabato 19 febbraio 2011

C'è chi respinge e chi, invece, accoglie. Di più: apre le porte alla voglia di riscatto della Sierra Leone, terra poverissima devastata da guerra e violenza. Ma lo fa non seguendo il vecchio, spesso controproducente, modello della beneficenza punto e basta, bensì formando i giovani sierraleonesi per assecondare la voglia di rinascita della loro terra. Succede in Sardegna dove, seppure con le dovute proporzioni, bisogna fare i conti con una situazione di crisi e povertà. Più precisamente succede a Uta, piccolo centro in provincia di Cagliari, dove da alcuni giorni tre ragazzi sierraleonesi sono impegnati in un corso di falegnameria organizzato dalla comunità “Mondo X” di padre Salvatore Morittu, da sempre in prima linea a sostegno degli“ultimi”.
N’pha Kamara, Shebora Kamara e Mohamed Alie Kamara sono arrivati in Sardegna la settimana scorsa, accompagnati da un altro sacerdote: don Ignazio Poddighe (foto), religioso di Iglesias che tre anni fa ha deciso di andare oltre l’impegno parrocchiale per favorire la voglia di riscatto della Sierra Leone. È stato lui, insieme ad altri volontari, a fondare l’associazione Lovebridges (“i ponti dell’amore”) che ha sostenitori ovunque, da Roma a Bergamo e persino a Londra. Don Ignazio, la scorsa estate nominato paramount chief onorario (una sorta di capo supremo) dai musulmani in segno di gratitudine per i progetti già realizzati in Sierra Leone, è di nuovo in prima linea per garantire la formazione dei giovani africani affinché possano portare avanti i progetti di ricostruzione.
Non è stato difficile, per il sacerdote di Iglesias, trovare subito aperte le porte della Comunità di padre Morittu: “La sua disponibilità è stata immediata e convinta – racconta don Ignazio – questi ragazzi arrivano da Lungi e sono falegnami di professione. Il corso che li vedrà impegnati per tre mesi nella comunità servirà soprattutto per imparare l’uso dei macchinari." Quando rientreranno nella loro terra saranno in grado di trasmettere agli altri le conoscenze acquisite, in modo tale da essere protagonisti della ripresa della Sierra Leone. "È proprio questo il senso dell’iniziativa – aggiunge il sacerdote –. La nostra associazione sta preparando in Sierra Leone un laboratorio di falegnameria che sarà pronto al loro rientro, così che possano lavorare in quel settore in modo più spedito”. N’pha Kamara, Shebora Kamara e Mohamed Alie Kamara, cresciuti con l’orrore negli occhi, hanno ora una nuova prospettiva di vita e si preparano al cambiamento. Lo faranno proprio grazie al ponte di solidarietà costruito per collegare la Sardegna a quella parte del continente africano tra le più povere al mondo, dove però tre anni fa si è accesa una luce. I volontari che fanno capo all’associazione Lovebridges hanno strappato alla morte centinaia di bambini, costruito pozzi, realizzato mensa, scuola e un centro medico. Ma tutto questo non è affatto un traguardo finale.
Cinzia Simbula