08/08/2011 - 

L’UNIONE SARDA - 
Lunedì 8 agosto 2011 - 

Intona una dolce melodia della sua Africa, mentre con mani addestrate tornisce un vaso, assottigliandogli i bordi, aggiustandogli la curvatura, cercando di farlo meglio del precedente, nel graduale cammino verso l'equilibrio fra le parti. L'equilibrio fra le parti della sua vita, fra un terribile prima, di bambino soldato a 12 anni, e un miracoloso dopo, di incontro, a 17, con una comunità di recupero, pare conquistato.
Come si faccia a ricucire un presente di tale perizia manuale, e tale serenità nello sguardo, a un passato di infanzia violata dalla distruzione, si può spiegare solo con l'amore. Quello che Nicholas, 26 anni, ha conosciuto in Sierra Leone, prima nelle persone che lo hanno recuperato insegnandogli a forgiare e cuocere l'argilla, poi nell'incontro con don Ignazio Poddighe di Iglesias, che in quello stato dell'Africa, depresso da otto anni di guerra civile, ha costituito una realtà di volontariato missionario, l'associazione Love Bridges: in tre anni ha costruito ambulatori, scuole, pozzi, portando avanti programmi nutrizionali e di insegnamento, come quello sulla colorazione dei tessuti tradizionali, per le donne del villaggio Mamankie, e quello di gestione della pesca, per gli uomini di Mahera.
Una di quelle persone, don Ignazio, e con lui tutti i suoi stretti collaboratori, che rappresentano nel mondo la Sardegna più alta, quella della solidarietà e del darsi all'altro, lontana anni luce da quell'immagine patinata e vuota di paradiso delle vacanze. Ma persone del dare, e del dare in silenzio, seguendo i progetti di don Ignazio, ce ne sono diverse anche sul territorio. Ad Assemini, per esempio.
Dopo l'esperienza dei tre giovani sierraleonesi ospitati per tre mesi nella falegnameria della comunità di Uta di Padre Morittu, perché imparassero l'uso dei macchinari, è la volta dell'incontro fra un maestro torniante come Giovanni Deidda e Nicholas, che nel frattempo, con un padre ucciso in guerra e cinque sorelle, sta studiando tecnologia informatica all'università del suo paese e, da un mese e mezzo, sta specializzandosi come torniante presso il laboratorio di Giovanni. Che per Nicholas è due persone in una: il professore e Gianni. Racconta le sue settimane asseminesi, con un maestro molto esigente, che si fa capire dimostrando con le mani e con gli sguardi, e un contesto d'accoglienza che lo fa sentire in famiglia.
La sua famiglia allargata è quella di Antonello e Mariella Carboni, che lo ospitano, di Giuseppe Picciau e Pia Pettograsso che lo aiutano ad integrarsi, di Gianni Deidda e moglie, che quando ha saputo che fra poco Nicholas si trasferirà alla volta di Domusnovas, per imparare a fare tegole, è rimasta ammutolita. Nicholas era già - e sarà - un figlio adottato, insomma. Un ragazzo che Gianni Deidda, presente all'ultima Biennale dell'artigianato di Sassari (quella che ha vinto due Compassi d'oro) con manufatti firmati da designer come Paolo Iacchetti e Paolo Ulian, ha accolto a bottega svelandogli i segreti del mestiere: il graffito, l'ingobbio, la sfoglia di argilla. Tutte cose che potranno arricchire il suo lavoro una volta rientrato in Sierra. Quando alle bugie per candele e stoviglie, Nicholas potrà aggiungere pentolame e brocche di stampo - e cuore - tutto asseminese.
Raffaella Venturi