20/10/2014 

- Cari amici e sostenitori dell' Associazione Love Bridges,
questo è un periodo davvero triste per tutti noi e per coloro che in svariati modi hanno iniziato un cammino di volontariato nei paesi colpiti dal virus EBOLA. L'idea di questa epidemia sembra essere confusa e non solo in Africa! Le notizie che i media ci trasmettono sono spesso assai contraddittorie e non neghiamo che talvolta non sappiamo bene a chi credere. Ma come sempre a noi piace essere concreti e non perderci nei lunghi discorsi di chi preferisce il business alle stesse vite umane...quindi focalizziamo il nostro discorso sul fatto che centinaia di persone in Sierra Leone stanno perdendo la vita.

E' pur vero che in Africa, purtroppo, si perde la vita per cose ben più banali, ma questo non giustifica il mancato intervento da parte della comunità internazionale, che per ora si è semplicemente limitata a fare informazione, spesso non precisa. A tutt'oggi, infatti, non sappiamo con certezza quante siano le vittime di Ebola; non sappiamo se realmente sono giunti a destinazione i fiumi di denaro elargiti dagli Stati Uniti, anzi non sappiamo nemmeno per cosa questi siano stati elargiti. Alcuni pochi “coraggiosi” sono rimasti in loco a sfidare la sorte con la ferma intenzione di poter dare un contributo all'umanità in questa tragedia che potrebbe diventare peggio della stessa guerra civile, terminata in Sierra Leone solo nel 2002. La “prevenzione” supplisce all'impegno di cacciare fuori il benedetto vaccino, sicuramente già pronto, ma ancora non sufficientemente capace di soddisfare la brama di business dell'industria farmaceutica. Forse stanno aspettando che il numero degli infettati e dei morti si sollevi di parecchio, prima di portar fuori ciò che da tempo è pronto.

Che umanità strana la nostra! Da una parte vengono investiti fiumi di soldi per garantire una “qualità di vita” che assicuri a tutti qualche giorno in più da vivere; dall'altra siamo schiavi e servitori della morte, incapaci di riflettere sulla inutilità delle guerre e smemorati nel ricordare a noi stessi che la vita è breve per tutti, anche per quei potenti che se la spassano a decidere le sorti dell'umanità. Vorrei per un istante entrare nel cuore e nella mente di chi sceglie la morte e la disperazione per gli indifesi della terra, vorrei sapere se si tratti di patologia psichiatrica oppure semplicemente di attitudine a non considerare la sacralità dell'altro. Siamo in un mondo di tenebra, dove chi dice il vero viene eliminato e chi serve la menzogna può al massimo rischiare di ricevere una bella onorificenza.

Cosa potrà mai rassicurarci e garantire al nostro cuore giorni di pace? Mi vengono in mente due semplici argomenti che possono aiutarci a comprendere: il primo è che per nostra fortuna la natura ha percorsi distinti dalla volontà dell'uomo e che quindi sarà la natura stessa a ribellarsi e prendersi la rivincita. Noi abbiamo modificato il corso naturale delle cose, abbiamo usurpato alla natura il diritto sacro dell'armonia delle cose, del trascorrere del tempo a favore dell'uomo stesso, del consumarsi dei giorni nel godimento armonioso di quanto la natura ci offre. Abbiamo capovolto il senso della nostra integrazione con il resto della natura. Siamo divenuti i “Signori” del tempo, dello spazio vitale e abbiamo pianificato il nostro esistere convinti che tutto sarebbe stato gestibile. Invece questo “tutto” ci sfugge, ormai non è più controllabile e questa impotenza fa infiltrare l'amarezza nel nostro cuore. Siamo ormai amareggiati dal “non senso” che ci circonda, abbiamo perso la strada. La natura, però, ha sempre i suoi percorsi, ha i suoi meccanismi di difesa, e si riprenderà quanto noi abbiamo tolto.
Il secondo argomento riguarda il coraggio di sentirci esseri limitati...in un mondo in cui a nessuno piace parlare di limiti. Il problema, a mio parere, non consiste nel caos esterno che siamo costretti a vedere ogni giorno; non consiste nel sentirsi “impotenti” nel compiere azioni salvifiche che possano mettere rimedio a micro e macro situazioni. Il problema vero è il nostro cuore, cioè quel fulcro in cui si concentrano i nostri sentimenti, le nostre scelte morali e dove si trovano le ragioni per accettare l'altro e la convivenza con la diversità. Nel nostro cuore nascono e muoiono le cose importanti della vita, le scelte coraggiose, qui nascono le sfide contro la malvagità. Nel cuore di ciascuno viene deciso se l' “ altro” ha un senso o se nell'economia di gestione della nostra persona abbiamo senso solo noi, la nostra famiglia e i nostri amici. E' il cuore che ci insegna ad allargare gli orizzonti, ad interiorizzare che noi non siamo nulla se non in rapporto con l'alterità. E' l'incontro con l'altro che rende vera la nostra esistenza, perchè l'altro è sempre specchio della nostra umanità.

Proprio in questi giorni c'è chi fa la guerra contro l'incapacità dei governi di gestire il problema Ebola nelle zone colpite dal virus. Tutti si stanno sforzando di capire - anche gli sciacalli che attendono situazioni come queste per averne profitto – come andare incontro alle popolazioni colpite. Se veramente questo problema nascesse dal cuore allora perchè non si pensa a tutti coloro che in quei luoghi abbiamo lasciato morire di malaria, di tifo e di stupide infezioni ...per anni e decenni. E...tutti i bimbi che muoiono prima di compiere cinque anni di età per malnutrizione e malattie insensate? Dove era il cuore di quelli che ora si sbattono per sconfiggere Ebola? Il vero problema è che Ebola potrebbe arrivare a disturbare la quiete dell'occidente, a interferire negli affari dei potenti comodamente seduti a decidere le sorti universali.
Di questa storia del ritorno dell'Ebola, cari amici, ne sappiamo solo un piccolo frammento, perchè la verità, come sempre, viene nascosta agli occhi dei comuni mortali.
La natura e il cuore, quella è la nostra forza! Nessuno, infatti, sarà capace di fermare la natura e nessuno entrerà a distruggere la speranza del nostro cuore, se noi non lo permetteremo.

Don Ignazio Poddighe